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Artisti allo specchio. Dipingere il silenzio, tra natura, mito ed astrologia.

Di Renata A.Venturini
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www.renataventurini.it


Ho molto apprezzato il titolo di questo spazio dedicato all’Arte “Artisti allo specchio” perché, per una volta, la biografia potrà essere differente: non un elenco di opere realizzate o di mostre ma potrà essere l’immagine che l’Artista ha di sé, come si vive, cosa lo spinge verso un ideale che sarà irragiungibile perché, se lo raggiungesse non avrebbe più ragione di vivere.
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Talvolta quando ero sola e mi perdevo nei miei pensieri, una domanda si faceva strada nella mia mente, quasi fastidiosa ed insistente: “Ma sei veramente sicura di esistere?”
Allora mi guardavo intorno, guardavo le pareti e le tele dipinte, le sculture sul camino e sul pianoforte e sorridevo… sì, esistevo perché se “loro” esistevano significava che io le avevo create. Ritengo che questa domanda sia la conseguenza di una infanzia segnata dall’anoressia da cui sono guarita, improvvisamente, a 13 anni. Durante la crescita di questa bimba malaticcia, controllata a vista perché non poteva giocare con altri bambini(se non a rischio di dover stare a letto molti giorni) che trascorreva gran parte del suo tempo sola e spesso su di un albero di pere vivendo fantastiche storie immaginarie, accadde un evento straordinario. Casualmente le capitò di vedere in una rivista “Amor sacro ed Amore profano” di Tiziano. Per lei fu un vero shock, qualcosa che la sconvolse profofondamente. Le sembrava incredibile che un ‘essere umano’ avesse potuto dipingere una tale opera. La bambina di otto anni pianse per diversi giorni senza riuscire a spiegare ai genitori il perché di tanta violenta reazione di fronte ad un quadro ed essi alla fine conclusero che il tutto rientrava nella diversità della loro figlia. Poi, improvvisamente come aveva inziato, la bambina non solo smise di piangere ma sembrò più vivace e quasi sorridente: aveva deciso che anche lei avrebbe dipinto, anche lei, senza dubbio, avrebbe creato qualcosa di grande e straordinario. “Il codice dell’anima” di James Hillman spiega questo avvenimento come il risveglio del daimon.
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Per me fu il risveglio alla volontà di vivere, il bisogno di raccontare la solitudine di un’anima che non riusciva ad accettare la convivenza con il mondo reale, la consapevolezza che la mia nascita non fosse stata un errore… che sì ero “diversa” ma non per questo inutile. La lettura, da sempre mia valida alleata piano piano mi avvicinò alla Mitologia che mi aprì la visione di un mondo straordinario in cui potevo andare sempre più nel profondo e, successivamente all’Astrologia, la grammatica del cielo. Letture che divennero studio (parallelo a quello obbligatorio) per molti anni. Avevo sempre disegnato e dipinto utilizzando tutte le materie che mi incuriosivano, dalla classica matita, la penna, pennino ed inchiostro, la carbonella usata per la graticola ma anche i fiori, soprattutto i muscari, ben pestati e di alcune verdure il liquido.Notevole inconveninte per i miei genitori era la mia tendenza a disegnare sui muri esterni della casa e, di nascosto, nella parte interna degli armadi. Erano spesso grandi, orribili volti che non avevano nulla da invidiare alle sculture dell’isola di Pasqua. Un’esigenza, quella di dipingere, che non conosceva limiti di spazio: volevo urlare all’universo di rendermi ciò che avevo perduto... Hillman descrive in maniera chiara questo stato della coscienza: “…nostalgia, tristezza, silenzio e un anelito dell’immaginazione verso qualcos’altro che non è qui e ora.” (Il codice dell’anima).
Cercavo qualcosa che sapevo d’avere perduto. Non sapevo cosa, né dove, né quando. Il mio daimon infine mi ha condotto durante il mio cammino artistico in quella ‘radura’ che Heidegger chiama Lichtung ed io, con i miei lavori, cerco di raccontare il silenzio della solitudine, la nostalgia di un passato perduto. Come l’Angelo caduto, per orgoglio, ricorda l’eden che non gli appartiene più, così noi umani ci scopriamo soli in una realtà apparente (che non potrà mai darci la felicità) che possiamo tentare di distruggere perché non la possediamo ma che ci sopravviverà sempre lasciandoci senza risposte.