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Carpenter Trees

L'incontro tra la fotografia di Claudia Lo Stimolo e le creazioni di Giuseppe Bruno.
Di Paola Simona Tesio.

Nel progetto Carpenter Trees l’incontro tra Giuseppe Bruno l’artista creative designer del legno, Claudia Lo Stimolo l’innovativa fotografa che si affaccia sul panorama contemporaneo attraverso il concetto di Urbex Nudĭtas e DeliCate la modella che si fa interprete incarnando nel suo corpo le loro intuizioni, diventa un cammino estetico ed esperienziale di elevata originalità espressiva.
Carl Gustav Jung parlava di sincronicità definendo gli eventi sincronistici fenomeni in grado di cambiare l’immagine che abbiamo di noi stessi e del mondo, aprendo l’orizzonte verso nuove prospettive.
Le coincidenze non accadono semplicemente per caso, ma ampliano la vita stessa in una dimensione nuova, nello specifico in tale coesione artistica la amplificano di riflessione e bellezza, non intesa in senso meramente estetico ma interiore.
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Robert Hopke nel saggio Nulla succede per caso afferma: «Quasi ogni giorno si verifica nella nostra vita un certo tipo di evento che chiamiamo coincidenza. Succedono due cose, e per un motivo o per l’altro il modo in cui sono collegate richiama il nostro interesse. Alcune di queste coincidenze quasi non sembrano toccarci, né emotivamente né sotto l’aspetto intellettivo. Si tratta, come si dice di solito, “di una semplice coincidenza’’. Comunque, se prestiamo una qualche attenzione all’effetto che gli eventi hanno su di noi, ci accorgiamo di avere già sperimentato un diverso tipo di coincidenza, una convergenza di eventi […]. Nel momento in cui si verifica una coincidenza simile sappiamo che ci sta capitando qualcosa di importante, carico di significa- ti. Percepiamo e vediamo, nell’accidentalità, un elemento significativo».
Lo percepiamo dalle parole degli autori che si dipanano nel loro farsi artistico, delineando metaforicamente il profondo significato della convergenza di eventi.
Come sottolinea Giuseppe Bruno:
«Le montagne e i boschi mi hanno affascinato sin da quando ero bambino. Gli alberi sono esseri viventi straordinari. Da sempre l’umanità ha cercato di portare il concetto di natura all’interno degli spazi intimi o comunitari. Fin dalla tenera età ho cercato di ricreare il mondo vegetale con la materia del legno. Dalle prime forme disegnate ai successivi tentativi di trasportare le sensazioni. Per anni la mia ricerca è stata fallimentare finché, un giorno, ho iniziato ad utilizzare gli strumenti a mia disposizione in modo differente. Ho imparato a realizzare le linee che inseguivo da tutta una vita fondendole con il recupero e il riutilizzo di materiali antichi. Dobbiamo intraprendere un restauro ecologico, anche all’interno delle nostre case dove si svolge l’intima esistenza. Abbiamo l’abitudine di chiuderci dentro i muri perimetrali della nostra abitazione, quasi avessimo una paura ancestrale di quello che viene dal di fuori. Intraprendiamo viaggi per ammirare la natura selvaggia primaria, ma il tutto diventa solo ammirazione del paesaggio e della bellezza, senza però, il più delle volte, capire la vera potenza della vita, la complessità del convivere che esiste in natura».
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Sul progetto Carpenter Trees dichiara: «Noi e queste fotografie scattate da Claudia nei luoghi disabitati lo dimostrano, prendiamo delle cose e poi le abbandoniamo, non le usiamo più, creiamo luoghi che divengono inutili, degli spazi occupati che probabilmente sarebbe stato meglio lasciarli vuoti.
Attraverso Carpenter Trees abbiamo voluto rimarcare quanto sia importante riportare il concetto di Natura in casa usando la materia del Legno. Grazie alla collaborazione con Claudia Lo Stimolo ho intrapreso un nuovo viaggio, anzi lei ha ridefinito il mio personale viaggio di ricerca e crescita».

La peculiare ricerca estetica di Claudia Lo Stimolo si compenetra armoniosamente in questo cammino, dove il coesistere dell’Urbex, ovvero l’esplorazione urbana di strutture artificiali abbandonate o ridotte in rovine e scheletri torna ad essere abitata dalla Nudĭtas umana che non è soltanto visiva ma anche intima e morale, nonché richiama una riappropriazione della vita quale rinascita da una spoliazione: «Ho cercato di inserire il mio stile fotografico - spiega l’artista - la ricerca estetica traducendola in una convergenza con le opere e le installazioni di Giuseppe per creare una modulazione originale e che al contempo potesse unire l’espressività ed il sentire di entrambi, trovando nell’armoniosità delle forme della modella un continuum con la Natura, che si estrinseca dal legno al corpo umano, dal concetto del vuoto degli spazi alla completezza dell’idea».
DeliCate nell’incarnare il progetto che si fa percorso aggiunge: «Ho rappresentato questa figura che unisce i loro mondi, l’anello di congiunzione che portava all’esterno la loro creatività che ho iniziato a percepire in prima persona quando ho visto le realizzazioni artistiche di Giuseppe prendere vita nel contesti suggestivi in cui le aveva condotte e ritratte Claudia».
I progetti il più delle volte sono frutto della casualità, o meglio delle coincidenze significative, che consentono la unione di varie forme e pensieri, fino ad arrivare all’idea da cui nasce l’ispirazione che conduce alla realizzazione di un capolavoro.
Le creazioni di Giuseppe Bruno si basano sul concetto di architettura organica il cui intento è il promuovere la armonia tra l’uomo e la natura, noto esponente fu Frank Lloyd Wright la cui celebre frase risuona nella sua adeguatezza: «La figura umana mi si rivelò come la vera base della scala umana nell’architettura». Il creative designer Giuseppe Bruno va oltre e cerca di comprendere e carpire nel profondo le esigenze delle persone, non solo tecniche, ma persino intime e personali, seguendo il vibrare dell’empatia che consente di ricreare all’interno delle case l’atmosfera desiderata. Il momento storico attuale ha portato a riscoprire il piacere di rivivere il focolare domestico rivalutando gli spazi.
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La creazione di un rifugio a propria misura è il compito che si è dato come artigiano per guidare in un percorso di arredamento innovativo che prende linfa dalle radici naturali del legno, valutando luci, ombre e i colori più adatti per le stanze e i vari periodi dell’esistenza. Sperimentazione ed originalità gli hanno consentito di svincolarsi dalle produzioni in serie, per concentrarsi su una tradizione artigianale ed originale dedicata a chi voglia indagare nuove prospettive intessute di morbide curve e dimensioni ispirate all’ambiente: una visione che si traspone nel Design in grado di vivificare lo spazio da arredare connotandolo di fattori umani quali le esperienze personali, le emozioni, i sentimenti, gli stato di animo. Elementi che si concretizzano nell’autenticità dell’opera d’arte ricavata dall’essenza lignea, in quei tasselli di storia e tradizione che diventano le chiavi di accesso a un percorso continuo di scambio di esperienze, sia culturali sia sociali, che lui stesso descrive: «Come le rughe, le mani screpolate dal lavoro, le venature del legno: solo il tempo crea così tanta bellezza».
Carpenter Trees rivoluziona i canoni del Design e dell’Arte: trascende l’idea che si materializza in contesti Urbex dove, con l’ausilio della fotografia, si incarna nella figura umana, un contrasto suggestivo ed unificativo che per la prima volta si affaccia nel settore artistico ed espositivo diventando puro rinnovamento.
La modella DeliCate diventa il simbolo di questa filosofia, ritratta in posizione fetale nello scatto intitolato Émbryon che significa appunto “fiorire dentro’'. In uno scenario abbandonato, dove il muschio si riappropria degli spazi, incarna l’origine dell’idea, illuminata dalle curve lievi della creazione. Nella fotografia Poetic Vision, la ritroviamo dipinta con gli stessi pigmenti ispirati ai cromatismi della Natura, mentre in The Embrace la sua mano si posa lieve su una sinuosità scultorea che si fa ramo di albero fondendosi in un intrecciarsi tra esistenza umana e habitat naturale. La sedia diventa il fil rouge del viaggio: sola, abbandonata fra gli spazi desolati e spogli del vuoto e del pieno ad impersonificare la pratica che hanno gli esseri umani di gettare gli oggetti e le cose quando non sembrano essere più utili allo scopo per cui sono realizzati, tramutandoli una mera res che non serve più. Tuttavia il cammino prosegue e la sedia inanimata incontra l’anima umana piegata su se stessa sugli scarti delle macerie dell’era industriale, in cui risuona il silenzio dei meandri disabitati mentre le rovine scricchiolano al calpestio dei piedi che scalzi le percorrono.
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La modella seduta sulla sedia contempla il futuro, e in quello scenario di degrado prende forma la sinuosità dell’albero, che si fa luce nel bianco e nero del cemento che avvolge come cerchio restringendo il campo in una sorta di zero emblema della fine e dell’inizio di tutte le cose. La mano timidamente si posa sull’albero divenendo nell’intreccio quel tutt’uno, compenetrazione e rinascita nella Natura. L’unione di questi mondi, umano e naturale, porta lo spettatore ad interrogarsi sul rapporto tra il nostro corpo e gli arredi. I luoghi abbandonati diventano la scenografia e la cornice dove la materia del legno si fonde nelle curve della vita. Risuonano le parole del creativo Giusepe Bruno: «Carpenter Trees vuole indagare, mettere in discussione, sovvertire, unire gli opposti e giocare con i limiti dell’impossibilità. Mi sono ispirato alle forme naturali usando la materia del legno attorcigliata come una corda, ho voluto creare una struttura leggera, trasparente e contemplativa, che trasporta in un mondo immaginario. L’intento è quello di creare un oggetto che, attraverso le sensazioni, sia in grado di trasmettere emozioni positive, aiutando ad indagare meglio il rapporto tra uomo-materia-natura. Il mobile da oggetto diventa un tramite in grado di trasportare in una dimensione primordiale della natura che spesso non è gentile, ma ci fornisce i mezzi per vivere, dove non c’è spazio per il lamento, per il rancore, per l’insolenza aggressiva scambiata per sintomo di vitalità, oggi molto praticata nella vita quotidiana. Abbiamo bisogno di fare una profonda riflessione sul nostro ruolo nella società che abbiamo plasmato, sulle infrastrutture che abbiamo creato, sul nostro stile di vita frenetico e sul nostro modo di consumare in modo incontrollato. Dobbiamo fermarci e considerare nuove idee, prospettive e strategie sul lungo termine per preservare e curare quello che resta di incontaminato».