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GIORGIO DE CHIRICO

In mostra a Genova e Torino.
a cura di Silvana Gatti.
“Schopenhauer e Nietzsche per primi mi insegnarono il non senso della vita e come tale non senso potesse venir rappresentato.” G. De Chirico
GENOVA - PALAZZO DUCALE
GIORGIO DE CHIRICO. IL VOLTO DELLA METAFISICA
30 MARZO - 7 LUGLIO 2019
Dopo 25 anni, il Pictor Optimus torna a Genova,
con una mostra che presenta 100 opere, realizzate
nel corso della sua intera carriera
TORINO - GAM
GIORGIO DE CHIRICO. RITORNO AL FUTURO
Neometafisica e Arte Contemporanea
19 APRILE - 25 AGOSTO 2019
A cura di Lorenzo Canova e Riccardo Passoni
 
De Chirico
Gli estimatori di Giorgio de Chirico (Volo, Grecia, 1888 – Roma, 1978), nel 2019, possono sentirsi appagati visitando ben due mostre in due locazioni di sicuro interesse, la prima al Palazzo Ducale di Genova, la seconda, visitabile fino al 25 agosto, alla GAM di Torino.
Nel centro del capoluogo ligure, il Palazzo Ducale accoglie l’esposizione “Giorgio de Chirico. Il volto della Metafisica”, prodotta e organizzata da ViDi, in collaborazione con Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura e la Fondazione Giorgio e Isa de Chirico. La mostra, curata da Victoria Noel-Johnson, presenta 100 opere, realizzate dal Pictor Optimus nell’arco della sua intera carriera, provenienti da importanti istituzioni e musei, come la Fondazione Giorgio e Isa de Chirico (Roma), la Galleria Nazionale d'Arte Moderna (Roma), il MART (Rovereto), la Galleria d'Arte Moderna (Palazzo Pitti, Firenze), la Collezione Banca d’Italia, la Fondazione Museo Alberto Sordi (Roma), la Casa-museo Boschi Di Stefano (Milano), il Museo Luigi Bellini (Firenze), il Museo d'Arte Moderna Mario Rimoldi (Belluno), nonché da prestigiose collezioni private. La rassegna mette in luce il percorso artistico del Maestro che, cent’anni fa, nel 1919, rivolse la pittura Metafisica (1910-1918) a favore di stili e tecniche ispirati al classicismo e ai grandi maestri del passato. Un percorso, quello di De Chirico, in continua evoluzione, per dirla con le sue stesse parole “Come i frutti autunnali siamo ormai maturi per la nuova metafisica […]. Siamo esploratori pronti per altre partenze”. L’aspetto sottolineato nella mostra genovese è il legame di De Chirico con la filosofia del tardo Ottocento, ed in particolar modo con Nietzsche. Le opere di De Chirico esplorano il capovolgimento del tempo e dello spazio, con prospettive ed ombre irreali, creando un senso di spaesamento, attraverso accostamenti senza senso di oggetti comuni in ambienti inaspettati. De Chirico ama il lato enigmatico delle cose, senza tuttavia pretendere di trovare un senso ultimo ad una realtà che di senso non ne ha. Le sue opere sono riconoscibili per l’insieme di figure e oggetti indecifrabili che pongono il fruitore dinnanzi ad immagini che rimandano ad una realtà inafferrabile, atemporale, sconfinando nell’immaginario. Secondo De Chirico, infatti, l’arte deve essere per l’uomo uno strumento per conoscere se stesso, per lasciar fluire pensieri e suggestioni soggettive rispecchiando lo stato d’animo del momento. Magritte sostenne che quando poté osservare dal vero un quadro di De Chirico i suoi occhi ” videro il pensiero per la prima volta”. In un suo autoritratto, De Chirico si è rappresentato nel vano di una finestra, con lo sguardo vagante in un cielo color verde spento, senza nuvole e senza vita. Gli occhi, raffigurati senza pupille, rimandano ad una condizione di cecità esteriore e al contempo alla veggenza, tematica con radici che affondano nella cultura classica e filo rosso dell’arte di De Chirico. L’occhio non vede gli oggetti materiali, in quanto calato in una dimensione metafisica per cogliere l’intima essenza delle cose. Questo è il vero contenuto della pittura metafisica, della quale questo ritratto si può infatti considerare come una sorta di manifesto. La posa scelta dal pittore è malinconica, alludendo a quella con cui Friedrich Nietzsche si faceva abitualmente fotografare. Il Pictor Optimus si sente legato al filosofo da un’affinità fatale, unito a lui dall’amore per la civiltà classica. Basta pensare ad Arianna, figura mitologica di spicco nella produzione di de Chirico.
De Chirico 1
Nella simbologia dechirichiana la giovane rappresenta la malinconia in versione nietzscheana, vista come via d’accesso ad uno stato emotivo sotterraneo, di estatica contemplazione del proprio Io. Arianna, in virtù del legame con il dio Dioniso, che porta in sé eros e thanatos, è principio di vita e allo stesso tempo di morte. Nella mitologia, Arianna si unisce a lui in un atto amoroso, rispecchiando la fusione tra due mondi, quello umano e quello divino. Nella figura della giovane si fondono la dimensione generativa e quella distruttiva, appartenente a Dioniso. Nella mitologia classica, il simbolo del susseguirsi di queste due dimensioni è il labirinto, che rappresenta qualcosa di mortale in grado di dialogare con la vita stessa. Arianna, unendo in sé i due stati, riesce a districarvisi perfettamente, conducendo in salvo Teseo. De Chirico, che conosce questi miti, li fa propri nella sua arte. L’arte metafisica cancella le distanze tra individuo, mondo e psiche. Il mezzo concreto per rappresentare questa dimensione unitaria è per De Chirico lo spazio. L’immaginario spaziale di de Chirico è fondamentale, e forse è il vero cardine intorno al quale ruota la sua poetica. L’artista ci propone quasi sempre spazi ampi nei quali spicca la presenza di arcate e porticati, che rappresentano il passaggio sempre aperto tra interno e esterno, tra conscio e inconscio. In questo dialogo tra dimensioni troviamo esplicitata la fusione tra i principi nietzscheani apollineo e dionisiaco: il primo razionale e ordinatore, il secondo di vitalità caotica e irrazionale. Nietzsche pone tali principi all’origine e nel cuore della realtà, che può nascere soltanto attraverso la comunione tra questi due aspetti antitetici e al contempo inscindibili. La via d’accesso per poterli comprendere è la soggettività: è soltanto attraverso essa che l’individuo si rapporta con il mondo esterno. Scrivendo a Guillaume Apollinaire nel 1916, de Chirico racconta come il filosofo greco Eraclito ci insegna che il tempo non esiste e sulla grande curva dell’eternità il passato è uguale all’avvenire. L’obiettivo della mostra genovese è portare avanti tale concetto. La rassegna si apre con una selezione di lavori che introducono il tema del viaggio e del ritorno, metafora per la scoperta della metafisica “multidimensionale” secondo la lettura di de Chirico. Sono esposte opere che dialogano anche con la teoria nietzschiana del- l’eterno ritorno, come L’ebreo errante (1917), Ulisse (Autoritratto) del 1922, Ritorno di Ulisse (1968), Il figliuol prodigo del 1974 e del 1975. La figura di Ulisse (Autoritratto) è dinamica, giunto in un non luogo, nudo e con barba e capelli incolti, indica con il braccio teso il luogo da cui arriva e sembra in procinto di ripartire, in un eterno viaggio senza fine.
Lo spettatore entra poi nel mondo degli esterni metafisici, uno dei te- mi più riconoscibili della sua arte, come i panorami urbani (le piazze d’Italia, le torri), e i bagni misteriosi, qui raccontati attraverso le illustrazioni realizzate per Mythologie di Jean Cocteau del 1934. Sono quindi esplorate le figure che frequentemente popolano le sue opere, dagli anni dieci agli anni settanta, quali i trovatori-manichini, i personaggi mitologici come Diana, Mercurio, Ettore ed Andromaca, le muse inquietanti e gli archeologi. I manichini senza lineamenti sono di un’attualità incredibile, in quanto sembrano anticipare i moderni robot. A queste figure si aggiungono i disegni illustrativi per il libro di Massimo Bontempelli Siepe a nordovest (1922). A Genova sono anche in mostra i diversi approcci sul tema degli interni metafisici che risalgono al suo soggiorno ferrarese durante la prima guerra mondiale e che furono oggetto di un successivo sviluppo; tra questi, quadri e disegni con un assortimento di costruzioni architettoniche e geometriche, frammenti di antichità, templi, quadri e altri oggetti inaspettati.
De Chirico 2
La mostra prosegue con l’analisi del tema della natura metafisica, con nature morte o vite silenti (come de Chirico preferì definirle a partire dal 1942), come Il dolce siciliano (1919), Mandarini su un ramo (1922-23), Natura morta (1930) e Corazze con cavaliere (natura morta ariostea) del 1940, nonché una selezione di cavalli in riva al mare ed i paesaggi neobarocchi. La fase neo-barocca dell’artista, con cavalli baldanzosi e cavalieri corazzati, sente l’influenza dei paesaggi di Rubens e dei cavalli di Delacroix, evidenziando come la metafisica dechirichiana incontra la tradizione. Lo stesso legame si ha nei ritratti che contengono chiari riferimenti alla ritrattistica quattrocentesca e cinquecentesca – quale Ritratto della madre (1911) e La signora Gartzen (1913) - ma anche autoritratti di de Chirico in abiti del Seicento ispirati alle opere di Rubens e Velázquez. Sono inoltre presenti copie e libere interpretazioni di opere dei grandi maestri quali Dürer, Watteau, Courbet e Renoir, e di grandi artisti italiani: La gravida da Raffaello (1920) e Testa di fanciulla da Perugino (1921).
Accompagna la mostra genovese un importante catalogo Skira, con testi della curatrice, di Simona Bartolena, Fabio Benzi, Daniela Ferrari e Ara H. Merjian.
Spostandosi da Genova nella città sabauda, la grande mostra “Giorgio de Chirico. Ritorno al Futuro, Neometafisica e Arte Contemporanea”, presentata alla GAM di Torino, ha un approccio differente, in quanto presenta un dialogo tra la pittura neometafisica di Giorgio de Chirico e le generazioni di artisti che, in particolare dagli anni Sessanta in poi, si sono ispirati alla sua opera, riconoscendolo come il maestro che ha anticipato la loro nuova visione e che con la sua neometafisica si è posto in un confronto diretto con gli autori più giovani.
La mostra torinese, a cura di Lorenzo Canova e Riccardo Passoni, è organizzata e promossa da Fondazione Torino Musei, GAM Torino e Associazione MetaMorfosi, in collaborazione con la Fondazione Gior- gio e Isa de Chirico e presenta un centinaio di opere provenienti da importanti musei, enti, fondazioni e collezioni private.
La metafisica di Giorgio de Chirico ha influenzato le arti visive, ma anche la letteratura, il cinema, le nuove tecnologie digitali, arrivando fino a confini inaspettati come videogiochi e videoclip, in un interesse globale che va dall'Europa agli Stati Uniti fino al Giappone.
Nel 1982, Maurizio Calvesi, scrivendo del maestro nel suo volume “La Metafisica schiarita”, sottolineava l'importanza del de Chirico neometafisico per l'arte contemporanea: “perché riconoscemmo i tuoi colorati chiaroscuri, le tue sfere, i tuoi segnali e le tue frecce, i tuoi schienali e le tue ciminiere, i tuoi oggetti smaltati ed ora come staccatisi dai quadri, qualcosa delle tue schiarite e delle tue sospensioni, nel nuovo momento di un’arte che si disseminò come un concerto o una pioggia rinfrescante”.
De Chirico 3
Non a caso, la neometafisica di de Chirico sembra già dialogare con la pop art e con l'arte internazionale, in particolare americana. Nel 1974, durante un ricevimento a casa dell’ambasciatore italiano Vinci a New York, De Chirico ultraottantenne incontrò Warhol non ancora cinquantenne, maestro delle icone pop. Artefice dell’incontro Carlo Bilotti che, dopo la morte di De Chirico, appoggiò Warhol che voleva misurarsi col grande maestro, prestandogli alcune opere. Ne nacquero ope- re in cui i manichini e gli elementi metafisici erano rivisitati in chiave seriale.
Con una pittura di grande intensità e felicità cromatica, il de Chirico neometafisico sembra dunque rispondere agli omaggi degli artisti più giovani creando un dialogo a distanza di grande intensità e vitalità. In questo modo de Chirico si è posto come una delle fonti dirette dell'arte di molte generazioni di artisti italiani e internazionali, sospese tra le immagini dei segnali urbani, delle merci della civiltà di massa e le memorie di una bellezza classica e perduta, un accostamento anticipato dallo stesso de Chirico nel suo romanzo Ebdòmero.
La mostra evidenzia questo rapporto intenso e profondo, mettendo in relazione le opere neometafisiche di de Chirico con le nuove tendenze dell’arte italiana e interna- zionale come la Pop art di Andy Warhol, Valerio Adami, Franco Angeli, Mario Ceroli, Lucio Del Pezzo, Tano Festa, Giosetta Fioroni, Gino Marotta, Ugo Nespolo, Concetto Pozzati, Mimmo Rotella, Mario Schifano, Emilio Tadini. La mostra presenta anche un grande prosecutore della Metafisica come Fabrizio Clerici, la pittura di Renato Guttuso e di Ruggero Savinio, insieme a grandi artisti internazionali come Henry Moore, Philip Guston, Bernd e Hilla Becher. Il percorso propone anche maestri dell’arte povera come Giulio Paolini e Michelangelo Pistoletto, le visioni concettuali di Fabio Mauri, Claudio Parmiggiani, Luca Patella e Vettor Pisani, fino ad arrivare alle ombre geometriche di Giuseppe Uncini, alla fotografia di Gianfranco Gorgoni, alle sculture di Mimmo Paladino, ai dipinti di Alessandro Mendini e di Salvo, al mistero di Gino De Dominicis, ai tableaux vivants di Luigi Ontani, e a protagonisti delle ultime generazioni internazionali come Juan Muñoz, Vanessa Beecroft e Francesco Vezzoli. Oltre al prestito delle opere neometafisiche della Fondazione Giorgio e Isa de Chirico, la mostra presenta un’animazione digitale di Maurice Owen e Russell Richards, insieme a opere di artisti contemporanei provenienti dalle collezioni della GAM di Torino e tra questi Claudio Abate, Gabriele Basilico, Luigi Ghirri, Franco Fontana, Fausto Melotti. Una piccola sezione della mostra è riservata al tema della citazione e della copia, esercizio prediletto da de Chirico nella sua lunga ricerca sulla pittura dei grandi maestri e presenta un disegno originale di Michelangelo proveniente da Casa Buonarroti, insieme a disegni di de Chirico dedicati allo studio degli affreschi michelangioleschi della Volta della Cappella Sistina e a opere del ciclo su Michelangelo di Tano Festa, pittore che tra i primi ha compreso la forza innovativa della pittura di de Chirico, in un collegamento con l’arte del passato che, nella curva del tempo, ha il potere di rifondare l’arte del futuro.
La mostra torinese è accompagnata da un catalogo edizioni Gangemi International con testi di Lorenzo Canova, Riccardo Passoni e Jacqueline Munck. Due mostre, due approcci differenti per approfondire la conoscenza di un artista che ancora oggi non smette di affascinare i pittori attivi, che prendono spunto dalle sue opere continuando a nutrire il filone metafisico della pittura.