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I Tesori del Borgo - Bertinoro

Il borgo dell’ospitalità, dell’amore e della cortesia: parola di Dante Alighieri.

A pochi passi dalla costa adriatica, fra Rimini e Bologna, si trova Bertinoro, il “Balcone della Romagna” per via della magnifica vista che si spinge verso il mare. Tipico esempio di borgo medievale ben conservato, Bertinoro si racconta ancora oggi tra mura, torri, palazzi storici, vicoli acciottolati e scorci di altri tempi. Piazza della Libertà, con l'antica Torre dell'Orologio, la facciata ornata di merlature di Palazzo Ordelaffi e l'importante cattedrale dedicata a Santa Caterina d'Alessandria segnano ancora oggi la storia del borgo, che ha l'ospitalità al centro della vita della comunità, come testimonia la Colonna dell'Ospitalità posta nel cuore del paese.
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Quando Dante, all’inizio dell’esilio, trovò rifugio in Romagna, Bertinoro era un borgo fortificato, sovrastato da una delle più formidabili rocche costruite dagli Ordelaffi, signori incontrastati di Forlì e strenui oppositori al potere temporale della Chiesa. Dante soggiornò per un lungo inverno nella Rocca di Bertinoro. Dalle torri di quel maniero, costruito con lo spungone (la pietra di origine marina tipica di Bertinoro), scrutava all’orizzonte il castello della famiglia irrimediabilmente guelfa dei Da Polenta e la “marina dove il Po discende”: qui prendeva corpo la nobile e dolente figura di Francesca, unita in eterno a un destino di amore e di morte a Paolo Malatesta, signore cadetto della città di Rimini che, all’epoca, come oggi, nelle giornate limpide si affaccia a scrutare Bertinoro. Ma altri “lucidi fantasmi” bussarono alla mente di Dante, in quel lungo inverno bertinorese: nei racconti intorno ai fuochi dei camini, riprendevano vita gli spiriti di Riniero da Calboli e di Guido del Duca. Dante li immortalerà in uno dei canti più splendidi del poema: invidiosi, cuciti con il filo di ferro al loro peccato e addossati a una parete di roccia livida, così come è lo spungone. Dietro le palpebre cucite dal fil di ferro, Guido del Duca piange il mondo dove “le donne e’ cavalier, li affanni e li agi” invogliavano “amore e cortesia”: piange, perché il migliore dei mondi possibili, dove non è più necessario essere buoni, sarà sempre riarso dall’invidia. Il popolo bertinorese è fatto di una pasta diversa e non si sofferma su queste cupe memorie: al contrario, ama la bellezza in ogni sua forma e la sa riconoscere là dove si manifesta. Terra in passato povera, Bertinoro non ha mai rinunciato ad avere soddisfazione in ogni ambito dell’esistenza. Così, tra le fine del XIX e l’inizio del XX secolo, alcuni coraggiosi e sognatori (dopo tutto siamo in Romagna) allievi del Carducci, tra tutti Paolo Amaducci e Luigi Gatti, rileggono gli antichi commentatori della Commedia e vi trovano, legata proprio a Bertinoro, la leggenda della Colonna degli Anelli, simbolo dell’ospitalità gratuita offerta dal popolo bertinorese a tutti i pellegrini d’Europa diretti a Roma e a Gerusalemme.
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Questi quattro amici, seduti all’osteria con davanti un buon bicchiere di Albana, si sono detti: “E se provassimo a ricostruire la Colonna degli Anelli?”. Oggi diremmo che intorno a quel tavolo di osteria si stava facendo marketing territoriale, ma se guardiamo a che cosa quel progetto, nato intorno alla Commedia, ha generato, ci leveremmo in piedi per rendere onore a quei quattro amici: un’intera economia, legata all’ospitalità, all’enogastronomia e alla cultura, ruota intorno alla severa fisionomia della Colonna degli Anelli che veglia sulla vita del popolo bertinorese.
Quindi è vero, come diceva un triste ministro, che con la Commedia non ci si può fare un panino, ma una piadina con prosciutto (crudo naturalmente), squacquerone e un abbondante calice di Sangiovese invece sì. Anche la Rocca di Bertinoro non è più l'austero maniero che ospitò Dante: alla fine del XVI secolo, anche i vescovi non vollero rinunciare alla loro parte di bellezza e, ricostruendola, decisero di farne il proprio palazzo. Oggi al suo interno si trova il Centro Residenziale Universitario di Bertinoro che, con i suoi corsi di Alta Formazione, aperti a partecipanti provenienti da tutto il mondo, rinnova l’antica ospitalità bertinorese. Sempre all’interno della Rocca si trova il Museo Interreligioso dedicato al dialogo tra Ebraismo, Cristianesimo e Islam: a prima vista un museo dedicato non ad una, ma addirittura a tre religioni, sembrerebbe una contraddizione in terra di “mangiapreti” come si definisce la Romagna. Siamo, però a Bertinoro, e missione del popolo bertinorese nel mondo è restituire dignità a tutto quello che è umano in nome dell’ospitalità: quindi anche per il buon Dio c’è posto a tavola, magari intorno ad una zuppiera piena di tagliatelle fumanti, per discutere del buon e del vero, che rendono autentica la vita.