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Il nudo femminile

“La Venere di Urbino” “La Venere di Urbino”
Diane sortant du bain - Louvre La figura del nudo femminile ha avuto da sempre nella storia dell’arte un posto di rilievo, uno scrigno privilegiato colmo di sentimenti ed emozioni da cui attingere stimoli e suggestioni. Molto rari sono stati gli artisti che non si sono fatti coinvolgere dalla misteriosa sfida del nudo femminile. Nel corso dei secoli, poeti e scrittori attraverso le proprie opere hanno indirizzato ed influenzato le arti figurative, rendendole capaci di creare un’ immagine femminile densa di comunicazione. Ogni tela ha permesso all’osservatore di entrare nel magico e spesso incompreso universo femminile, invertendone ed interpretandone la realtà. I grandi maestri della pittura, sono riusciti con il loro genio, a non farsi condizionare dalle convenzioni dei tempi a cui le opere appartenevano. Ogni pittore, nel momento creativo, cimentandosi nel nudo, prende coscienza dell’universo femminile e dipingendo indirizza un cromatismo di desideri ed aspirazioni esaltando la figura femminile carica di storia e bellezza. Nel tempo, gli artisti hanno preso più volte come ideale di riferimento il tema di Venere; cosi quando si vuole ritrarre una donna nuda bella, immediatamente si pensa alla Dea della bellezza, ed è il caso di Tiziano, che nel suo capolavoro “La Venere di Urbino” stravolge ogni canone rappresentativo.
L’artista, pur essendo perfettamente inserito nel clima rinascimentale recupera il modello antico, greco e romano, trasferendolo nella realtà del suo tempo. La donna in primo piano, quasi sembra uscire dallo spazio pittorico. Semisdraiata sul lenzuolo bianco drappeggiato, adorna di gioielli, con in mano un mazzolino di rose, priva di imbarazzo volge lo sguardo all’osservatore e si presenta non più come Dea, ma come donna concreta, consapevole e fiera della propria bellezza, senza curarsi della sua nudità, con una posa ambigua a metà strada tra il pudore e l’invito. L’innegabile carica erotica avvolge l’osservatore in un sogno ad occhi aperti coinvolgendolo nella magia dell’immagine. Diversa la seduzione orientale che ci offre Ingres, con “La Grande Odalisca”, dipinto nel 1814 per Carolina Murat, moglie del re di Napoli. La tela rappresenta un’odalisca, una giovane ragazza tenuta schiava da sultani e pascià. Il quadro suggerisce il lontano oriente attraverso una raffinata intimità. Tutto ruota intorno allo sguardo della fanciulla che si mostra riservata e sembra ammonire lo spettatore autorizzandolo a guardare. Nel volto del- l’Odalisca vi è un chiaro richiamo alla “Fornarina” di Raffaello.
Grande originalità, tipica del suo stile ci mostra Edouard Manet con “Le Dejeuner sur l’Herbe” un dipinto che venne escluso dal Salon Ufficiale del 1863 e successivamente esposto al Salon des Nefuses” provocando scandalo. Il quadro ci mostra il corpo senza veli di una donna accanto a due uomini vestiti secondo la moda borghese dell’epoca.
Edouard Manet "Luncheon on the Grass" La donna nuda lancia una sfida attraverso il volto di Vietorine Meurent, musicista dei caffè parigini, fu la modella preferita dell’artista. Colpisce il vestito della donna, usato come tovaglia, e la sua disinvoltura come in una normale scena campestre. Il piede nudo della donna sfiora senza alcun disagio l’uomo di fronte, lasciando una libera interpretazione di erotismo e panismo. L’artista Francoise Bouchere riprende un tema ricorrente nella pittura del settecento, quello delle bagnanti. Nella tela “Diana al Bagno” viene evidenziato il rapporto tra il nudo femminile e il paesaggio. L’identità della Dea ci viene svelata dalla presenza dei cani da caccia e di alcune prede, insieme ad una faretra colma di frecce. Inondata da una luce straordinaria, la superfice del corpo di Diana suggerisce seducente erotismo e ci ricorda gli impressionisti, in particolare “Le Bagnanti di Renoir”.
Con “Venere allo Specchio”, Diego Velazquez, mostra notevole coraggio artistico in una Spagna fortemente influenzata dalle autorità ecclesiastiche, da sempre contrarie ai ritratti di donne nude. La composizione pone in risalto le linee sensuali e sinuose del corpo di Venere, le lenzuola appositamente lasciate inattive. L’autore esclude gli abituali ornamenti della Dea dell’amore, concentrando l’attenzione sull’ accattivante bellezza di Venere anche grazie all’ausilio dello specchio, che permette allo spettatore di contemplarne il volto.
La tela fa pensare ad una bellezza ideale, tanto cara ai maestri del rinascimento italiano che avevano più volte utilizzato lo specchio “per catturare” ogni tratto della bellezza, idealizzando il nudo attraverso un soggetto fatto di volto e corpo.