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KARL PLATTNER 100

Una vita intensa e movimentata per l’arte - Riflessioni e considerazioni

A cura di Fulvio Vicentini
© 2018 F. Vicentini tutti i diritti riservati

Una vita iniziata in salita, nel 1925 Karl frequentò a sei anni il suo primo anno scolastico, la prima elementare. Fu subito un trauma perché per la prima volta in Alto Adige era proibita in classe la lingua tedesca e l’insegnamento avveniva soltanto in lingua italiana. Fu così che per parlare la propria lingua dovette frequentare una scuo-la segreta e vietata dal regime, chiamata Katakombenschule - scuola nelle catacombe.
043 0001015 0001Dopo le elementari un severo lavoro di tirocinante nei lavori più umili alternati dallo studio e dal disegno. Giornate di lavoro interminabili dalle sei del mattino alle nove di sera che gli hanno temprato il carattere. Nel ’39 la chiamata nell’esercito italiano con destinazione Chieti, poi dopo le votazioni sull’opzione dei Sudtirolesi tornò a casa. Nel ’40 decise di andare a Berlino, fece la visita militare a Innsbruck e lo mandarono prima a Klagenfurt nei Cacciatori delle Alpi, poi nel 139° reggimento in Norvegia, quindi sul fronte di Murmansk dove venne ferito alla mano. Terminata la guerra rientra in Italia. Nella primavera del 1951 il sindaco del comune di Naturno in val Venosta, sig. Hermann Kristanell, una persona colta ed aperta alle forme espressive della pittura moderna, assieme all’Associazione Reduci sudtirolesi gli commissiona un affresco che doveva essere eseguito nella cappella appositamente edificata nel cimitero, per ricordare le vittime di Naturno nelle due guerre mondiali. Il suo onorario era stato concordato in £ 300.000.
Plattner eseguì il cartone preparatorio ed altri schizzi per l’affresco nel suo atelier parigino e, conoscendo di persona le brutture della guerra per averle vissute sulla propria pelle, non fece volutamente nessun richiamo e riferimento a fatti belligeranti.
Lo stesso autunno del 1951, ricevuto il benestare a procedere eseguì l’affresco.
L’opera, ambientata in uno scenario di montagna, con taglio verticale, vede ambientati otto personaggi e un cane. Nella parte alta, la Madonna stringe fra le braccia il Figliolo morto. In basso, sei personaggi. Lo sguardo di Maria è pietosamente rivolto verso il basso, quasi a proteggere amorevolmente i suoi figli caduti nelle due guerre, le loro spose e i loro orfani.
landtagNelle campiture sottostanti i drappi di stoffa, i vestiti dei personaggi, il paesaggio montano con la chiesa di S. Procolo e più in alto il castello, ben armonizzano nel loro insieme, evidenziando un influsso di tardo post cubismo. Nel ’51 si sposa a Milano con la parigina Maria Jo, poi la grande avventura in Brasile, a Rio de Janeiro e a San Paolo. L’affresco di Naturno, aveva però suscitato vivaci contrasti tra i parrocchiani e anche l’allora parroco Franz Gasser aveva espresso in pubblico un suo commento negativo, condannando l’inserimento in un contesto religioso di un cane, nella parte bassa dell’ affresco. Evidentemente i tempi non erano ancora maturi per un’opera così moderna, difficile da integrarsi nel gusto e nella mentalità della gente. Fu così che degli psicolabili, mai individuati, armati di punteruoli acuminati, sfregiarono i volti dei personaggi e interamente il cane, lasciando intatti il volto della Madonna e del Cristo defunto. Informato in Brasile di quanto era accaduto, Plattner rimase molto amareggiato. L’opera sfregiata rimase coperta a lungo da cartoni. I vivaci contrasti sono durati ben 17 anni innescando un forte conflitto fra l’Arte - la Religione - la Spiritualità e la Politica.
Finalmente nell’ottobre 1968 iniziarono i lavori di restauro che su interessamento dello stesso Plattner vennero affidati al pittore restauratore Carlo Andreani che ha riportato l’opera agli splendori originali.
In Brasile tenne buone relazioni con molti altoatesini tra cui l’ingegner Friedrich Eccel, l’iniziatore della collezione Kreuzer. Quando ci fu il concorso per l’affresco del Consiglio Provinciale di Bolzano Friedrich Eccel si prestò a consegnare a nome di Plattner il progetto alla commissione di valutazione. Il progetto, elaborato in Brasile piacque e vinse il concorso. Tornato dal Brasile, per comodità di lavoro aprì il suo atelier a poche centinaia di metri dal Palazzo della Pro- vincia, dove aveva intrapreso i lavori del grande affresco. Il lavoro dopo svariate vicissitudini fu ultimato nel 1955.
Nell’ affresco Plattner ha inserito “otto personaggi e un bue” ambientandoli nel quadrilatero della piazza Walther tra il Duomo e i Portici mettendo in risalto il polo commerciale e quello contadino su cui si sviluppavano le attività economiche bolzanine.
Karl Plattner è stato anche ottimo incisore e all’infuori della tecnica xilografica sulla quale non si è mai proposto, si è perfezionato in tutte le discipline incisorie, maneggiando il bulino sempre con grande manualità. Sapeva ingentilire e impreziosire il segno sulle sue lastre rendendo i soggetti morbidi con l’acquaforte, acquatinta, e grintosi rafforzando il segno con delle ragnature in lastra.
Sicuramente il desiderio di Plattner era quello di entrare nelle case, negli uffici e nelle famiglie con le sue opere grafiche, senza spingere la produzione più di tanto, forse perché non voleva inflazionare il suo mercato.
Possiamo sicuramente dire che per la quantità di opere prodotte (circa 250) non lo si può considerare un “maitre graveur” alla stregua dei giganti dell’incisione; Picasso, Miro, Chagall, Morandi, Marini e pochi altri, ma sicuramente un importante “peintre graveur”. Bisogna anche riconoscere che molte sue litografie e incisioni sono delle vere perle d’arte.
Plattner visitava con grande interesse e curiosità le Biennali, le Triennali e le grandi mostre europee, traendone personali considerazioni e critiche.
La Biennale di Venezia del ’66 fu l’an-no dell’arte optical, cinetica e programmata. Per gli italiani il gran pre- mio andò ai tagli di Fontana. Plattner conosceva molto bene l’arte di Fontana, sicuramente aveva visto la colonna in ceramica dell’hotel Alpi di Bolzano e alcune opere presenti sulle tombe del Cimitero Monumentale di Milano, conosceva i sacchi di Burri, le audaci opere di Vedova, forse per queste ragioni Plattner si sentiva superato e delle sue opere diceva:
3778“Io lavoro in modo figurativo, allora era in voga l’astratto e quindi le mie opere non sono state accolte molto bene, ciononostante non ho cercato di seguire la moda del momento; ho il mio messaggio e non posso fare diversamente”.
Nel 1970/71 Plattner realizzò la grande tela «Ammiratori» dove l’attenzione dell’osservatore è richiamata sui volti dei critici, estasiati della tela rossa. Forse un’allusione allo spazialismo…
Plattner soffriva di “nomadismo” per l’arte, era un nomade con l’anima in pena, sempre in movimento sulle rotte dal Brasile alla Francia, dall’Italia all’Austria alla Germania… .- Quando era stanco e bisognoso di rigenerarsi da buon montanaro tornava spesso nella sua terra, l’Alto Adige, nella sua adorata val Venosta, tra la sua gente e le montagne che tanto amava.
L’8 dicembre 1986 muore tragicamente nel suo studio a Milano.

Karl Plattner è stato un personaggio di grande umanità, umiltà, e cultura, abbinate a grandi doti artistiche. Oggi, a 100 anni dalla nascita, possiamo sicuramente affermare oltre che essere degno rappresentante dell’arte europea nel XXI secolo è entrato nella storia altoatesina