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Nel segno della Musa, le interviste di M. Spataro

“Ritratti d’artista”
Talenti del XXI secolo
Paolo Buzzi
il lampadario vegetale ha una luce floreale 2014 pittura acrilica su tela 180 x 180 cmL'Arte come spaesamento dell'oggetto. Per una metafisica dell'umano che nasce dalla sua stessa assenza.
uando e come è avvenuto il suo incontro con l'arte?
«Da bambino assemblavo materiali e li dipingevo. All'inizio era solo un gioco, con il tempo è diventata una cosa importante. Così, quasi senza accorgermene, mi sono ritrovato a fare arte. Le prime mostre le ho tenute a Bagnacavallo, paese romagnolo dove vivo e lavoro, poi, ho iniziato a esporre in varie altre località sia italiane che straniere. Negli anni '90 ho sentito il bisogno di approfondire gli studi artistici per cui mi sono iscritto a Pittura all'Accademia di Belle Arti di Bologna, conseguendo il diploma. Da lì in poi, ho proseguito impegnandomi in una ricerca artistica che tutt'ora continua e che segue, pur nella normale evoluzione della storia di ogni artista, un filo conduttore che caratterizza il mio lavoro da sempre».
Qual è questo filo conduttore. Ce ne parla?
«E' un filo conduttore che accompagna il mio lavoro nella sua totalità, riguarda l'approccio con cui mi pongo rispetto alla mia opera, sia essa un dipinto o una scultura. Io lavoro solo sul paesaggio, pezzi di paesaggio oppure su oggetti che traduco in opera in base a come li osservo secondo una mia percezione, un mio personalissimo angolo visuale. All'inizio l'approccio si manifesta in termini, che definirei, di tipo comportamentale, inteso come modo di pormi e di essere nel mondo, e che altro non è, se non la mia modalità affettiva di stare in contatto o dentro le cose, una partecipazione fisica e affettiva cui, tuttavia, corrisponde un atteggiamento ricognitivo. Il che significa, che quando decido di lavorare a un paesaggio, naturale o urbano, oppure a un oggetto, ho un atteggiamento di appropriazione, fotografando il paesaggio oppure prelevando l'oggetto dal suo ambiente naturale. Una volta prelevate le immagini o l'oggetto, incomincio a togliere, a ripulire e a trasformare queste realtà in lavori artistici, dipinti, sculture o installazioni se si tratta di oggetti. Tutti i miei lavori nascono così, essi corrispondono alla mia idea, alle emozioni e alle percezioni che più mi appartengono e che desidero manifestare in riferimento a quelle realtà “prelevate”».
Quali sono i paesaggi che ama maggiormente dipingere e quali gli oggetti che più le piace trasformare in installazioni o sculture?
«All'inizio della mia carriera, ho amato molto dipingere archeologia industriale. Ero affascinato dalle teorie dei non luoghi di Jean Baudrillard e di Marc Augé. A sedurmi di quei luoghi non luoghi era quella sorta sullorlo del mare 2012 acrilico su tela 120 x 120 cmdi sospensione metafisica, di atemporalità che da essi emanava. Dove la presenza dell'essere umano si percepiva attraverso la sua assoluta assenza. Oggi, come ieri, l'ambiente e la natura, così come l'oggetto, mi interessano come testimonianza del luogo e dell'umano. I miei sentimenti, la mia affettività, li manifesto attraverso la rappresentazione dell'ambiente e dell'oggetto che rimanda all'umano. L'oggetto, infatti, rimane, mentre l'umano no, è per questo che parlo di testimonianza dell'umano quando mi riferisco alla mia visione e al mio lavoro».
Sembra di capire che le sue opere rispondano più a un progetto artistico che a una corrente di carattere emozionale?
«L'aspetto emozionale esiste in quanto il prelevare le immagini o gli oggetti è vissuto da me affettivamente, come già detto. Si tratta di una scelta che mi identifica nella personalità e che rappresenta il rapporto tra l'io e la realtà che mi circonda. Questi aspetti rientrano a pieno titolo nella parte progettuale, che c'è ed è determinante nel mio fare. Il progetto poi si sviluppa in un'attività, come ho già affermato, in termini ricognitivi col circostante, la qual cosa conferisce struttura e identità al mio lavoro. Un lavoro che si sviluppa attraverso cicli diversi: prima mi sono occupato di paesaggi industriali, poi di oggetti. Oggi, a interessarmi, sono tutte le realtà che scaturiscono dalla natura. Ognuno di questi cicli è caratterizzato da un comune denominatore: l'atmosfericità. Con ciò intendendo quel clima psicologico che segna le mie opere e che corrisponde a un senso di sospensione e di atemporalità che mi appartiene e che mi identifica. Ogni volta che concepisco un'idea, provo un bisogno incombente di depositarla attraverso un lavoro, prima che essa mi sfugga. Quando guardo o fotografo le realtà che mi interessano, desidero fissarle proprio in quell'esatto momento in cui le ho “colte”. E' come se desiderassi fermare il tempo a quell'attimo: una percezione legata alla fugacità del tempo e che, reputo, provenga dal lato più profondo della mia stessa personalità. “Più che un creativo mi sento un creatore”, sosteneva De Dominicis, un pensiero che corrisponde appieno al mio sentire e che, alla fine, contribuisce a conferire identità e unicità al mio lavoro. Vivere l'esperienza quotidiana è, per me, riuscire a guardarla da un'angolatura diversa, mia, personale».
Ci descrive più dettagliatamente cosa accade quando, raccolto il materiale necessario, comincia a creare l'opera?
«Più che un creativo, come ho già detto, mi sento un artista che crea da qualcosa di preesistente. Per quanto riguarda le immagini dei paesaggi raccolte attraverso la fotografia, incomincio a togliere, sottrarre solarium un bagno di luce 2014 vasca legno neon gazzella algerina e materiali vari 165 x 65 h 110 cmpeso, a fare un lavoro di pulizia anche da un punto di vista estetico personale. Tanto da ottenere volutamente degli effetti che, spesso, rimandano all'arte orientale. Prima di dipingere, elimino dalle foto, che io adopero come un taccuino di appunti, tutto quello che non mi soddisfa, fino a quando non raggiungo quella condizione che corrisponde all'idea che mi sono fatto di quel lavoro. Per quanto riguarda l'oggetto, ormai da anni lavoro a fermare l'attimo in cui l'ho prelevato, ovvero in cui l'ho raccolto, visto che, da diverso tempo, si tratta di foglie, fiori o reperti naturali. Il passaggio successivo è la sua glassatura; attraverso una tecnica particolare e abbastanza complessa glassando l'oggetto non faccio altro che fermare per “l'eternità” l'attimo in cui l'ho prelevato, trasportandolo al contempo in una dimensione altra che lo immortala rendendolo opera d'arte».
Quali sono i modelli e gli artisti che l'hanno guidata lungo il suo percorso artistico?
«Può sembrare strano, ma a influenzare la mia visione del mondo sono stati principalmente dei letterati, dei poeti e anche degli scienziati. Oltre ad autori come Jean Baudrillard o Marc Augé, ho amato mol-to i versi del poeta portoghese, Eugènio de Andrade. Un testo che ho letto con grande interesse, e che mi ha profondamente segnato, è l'“Elogio della fuga”, scritto dal biologo Henri Laborit. Per quanto riguarda gli artisti delle arti figurative, ho guardato a Hopper come a Magritte e a tutti i maestri della metafisica. Ho imparato anche dalla Pop Art, specie quella europea, di cui sento l'influenza soprattutto laddove utilizzo l'oggetto spostandolo in un altro contesto. Influenze mi sono arrivate, e tuttora mi arrivano, dal mondo della cultura e dell'arte a 360°, con ciò includendo musica, soprattutto il jazz, teatro, danza e cinema, a partire, in quest'ultimo caso, dalle suggestioni dei capolavori cinematografici di Hayao Miyazaky».
Reputa che l'arte debba avere valenze culturali, sociali ed etiche, oltre che estetiche. Quale il suo impegno in questa direzione?
«In riferimento all'arte contemporanea, ritengo, che dovrebbe essere meno marginale. Non solo dovrebbe rientrare nelle scelte estetiche degli arredi urbani, ma anche essere maggiormente impegnata nel formare le nuove generazioni. In sintesi dovrebbe entrare di più nella vita quotidiana. Una società senza artisti e senza arte è una società triste, priva di armonia e di sogni. E', poi, molto importante che l'arte sia libera. Libera di esprimersi senza condizionamenti, se non quelli di carattere strettamente tecnico. Quel senso di sospensione e di vuoto che fa da sfondo ai miei lavori, ad esempio, non è altro che voler aprire l'angolo di lettura verso una dimensione non condizionante, di assoluta libertà. Penso che chi osserva deve poter fare una propria lettura. Sulla mia tesi di laurea ho scritto al riguardo: “il linguaggio parlato dell'immagine ventriloqua è quello di chi la guarda”, che significa che la vera libertà nasce da quello che io realizzo senza dire, però, cosa sia».
In questo momento quali sono le forme espressive e i linguaggi artistici che meglio rappresentano la sua poetica?
grande lilium bianco 2017 terracotta resina smalto e materiali vari diam. 35 h«Mi esprimo con soddisfazione sia con la pittura, come con la scultura e l'installazione, posso tranquillamente affermare che tutte e tre mi rappresentano. Anche se, confesso, mi sento più un pittore che sconfina nella scultura e nell'installazione. Quello che alla fine conta, è la lingua, non tanto il linguaggio attraverso cui mi esprimo. Nei vari generi che mi rappresentano c'è sempre quel filo conduttore di cui parlavo all'inizio. Ogni lavoro che viene dopo è, infatti, la conseguenza del lavoro precedente. La temperatura delle mie opere è determinata da un'atmosfericità che si riscontra in tutti i miei lavori e ne è la costante»
Quali sono gli impegni e i progetti artistici e culturali che maggiormente la coinvolgono in questo periodo?
«Da alcuni anni condivido un progetto artistico-culturale nato a Cesena da un'idea e dall'impegno di Roberta Bertozzi, che continua a essere la mente e l'anima di questo progetto. Di fatto si tratta di una realtà che si identifica inizialmente nell'associazione culturale Calligraphie, da cui nasce anche la rivista artistica e letteraria Edel. Tale rivista è un manifesto in cui vengono messe a fuoco esperienze e ipotesi teoriche con contributi che arrivano sia dall'ambito letterario che delle arti visive. Tutto questo io lo vivo come un osservatorio in cui si dà spazio a riflessioni di tipo critico ed espressivo. Ogni numero di Edel è incentrato su un tema, sul numero di qualche anno fa, dedicato al paesaggio, ho pubblicato con grande soddisfazione una mia opera. A tutto ciò si è aggiunto Cristallino, progetto espositivo che si tiene negli studi d'artista, nei musei, nelle gallerie d’arte e negli spazi pubblici. Quest'anno è poi nata “Corte Zavattini 31”, galleria d'arte che si pone come officina del contemporaneo e che rappresenta anche gli artisti che fino a ora hanno condiviso Calligrafie. Per quanto riguarda le esposizioni, in questo momento sto lavorando al progetto Arte al Presente: incontro a CasermArcheologica a Sansepolcro, a cura di Ilaria Margutti. Quello che mi piace di questo progetto, oltre al fatto che si svolge nella terra di Piero della Francesca, è che non si pone solo come un evento espositivo, bensì come evento interattivo che prevede visite e laboratori con gli studenti dei licei e incontri con il pubblico. La mostra inaugura il prossimo 14 Gennaio alle ore 17.00, e proseguirà fino a primavera. Mentre il mio incontro con il pubblico è previsto per il 17 Febbraio.