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“Rendez vous à Faience”

dall’8 giugno all’8 luglio
Spataro Faenza 2
Un racconto di memoria, storia, cuore del cuore del principio dell'arte, misure a dismisura e voglia di tutto, fino al cuore del miracolo.
Questo è arte, il fine di ciò che è sempre di là da venire, da raggiungere, quanto si compone della propria incomprensibile bellezza, del proprio indecifrabile umore.
La mostra, già dal titolo, pone la città di Faenza come principio fondante, quasi un correlativo oggettivo nel suo “faience” che è sinonimo di ceramica e di ceramica d'arte nel mondo, ponendo la città romagnola come crocevia culturale e fondamentale polo artistico contemporaneo.
è a partire da tali suggestioni che si è voluto intraprendere un percorso che sviluppasse rinnovati ed inediti percorsi artistici, con un piede nella storia e lo sguardo dritto verso il futuro.
Ci sono i dipinti di Giuseppe Bedeschi e quel profumo di mare che si sente da lontano, le sue barche come gusci vuoti, svuotati, mai abbandonati, piuttosto corazze di chi ha combattuto il tempo e vive con la memoria dei giorni - anche futuri - nell'estrema nostalgia di un viaggio inesausto, viaggio di ritorno, di riandata, frammenti riaffiorati in cui lo stile è l'uomo ed il silenzio umido e livido la contingenza che ne deriva.
Spataro faenza 4
Giusy Dibilio si produce in esplosioni cromatiche, vortici di colore tridimensionale che diventano percorsi di rinnovamento sensoriale ed estetico, natu- ralmente percettivo, a ricordare il “Tunnel of love” di cui cantava Mark Knopfler. All'interno di una propria eterogeneità dell'immagine, Anna Bonini inventa paesaggi interiori fantastici, “inscapes” o morfologie psichiche in cui il divenire del colore riverbera sonorità inattese, la rappresentazione è sogno lucido e cosciente di realtà supposte. Dea Galante unisce la capacità e la destrezza nel modellato scultoreo ad uno stile che riporta al popular-surreale degli anni ‘60 e ‘70; allo stesso modo Anna Grossi, la quale aggiunge un portato di critica sociale in cui l'immagine è veicolo di pensiero, critica del lavoro, esasperazione del progresso.
Tiziana Grandi propone composizioni verticali, quasi dei totem che si configurano come espressioni monodiche, costruzioni contenenti qualcosa di primitivo, forse orientale, ad ogni modo profondamente fragile, pure nella ieraticità di una figura elegantemente espressiva, elevata ad immagine.
Spataro Faenza 8
Le sculture di Elena Modelli riportano ad un mondo altro, edulcorato, quasi l'ipotetico giardino di Willy Wonka in cui ogni costruzione zoomorfa viene attraversata dall'ironia e da un soffio di sano disincanto. L'immagine dell'albero è invece leitmotiv all'interno del lavoro di Maurizio Pilò, un simbolo di vita continuamente cangiante e mutevole nel proprio aspetto: come i rami mettono foglie nuove ad ogni passaggio di stagione, così l'artista aggiunge frammenti, lacerti, dettagli, decostruisce, trasforma e ricostruisce in un'opera aperta potenzialmente all'infinito.
Lucio Russo trova la sua peculiarità nella levigatezza delle forme del legno, curve sintetiche ed esplosive seguendo le quali potere attraversare i battiti di polso dell'universo.
Salvatore Vaccalluzzo propone invece un singolare e quantomai suggestivo amalgama di mosaico e scultura, si ritorna ai fasti figurativi dei secoli passati, al cuore della rappresentazione, al genio locale dell'artigianalità espansa.
Spataro Faenza 9
Il lavoro del maestro Mario Zanoni ci trasporta immediatamente all'interno di un immaginario archetipico in cui è il mostruoso a farsi corpo, passando dal conosciuto al “sommerso”: al di là dell'esperienza ci si addentra nelle zone oscure, tra equivoci d'identità, ripetendo ipotesi o promesse di eternità.
“La sorte del pensiero” - scriveva Camus - “non è più quella di rinunciare a sé stesso, ma di rimbalzare in immagini”. Ciò che la pittura di Roberto Tomba ci restituisce non è altro che la visualizzazione di un pensiero, una vivacità di sguardo che trasforma la velocità in movimento, sintesi di ogni profondità e suscettibilità di giudizio. Tutto si produce e si consuma nell'incanto del mistero, nel tormento per l'ignoto.
La pittura di Tiziana Salvi riconduce ad un giaciglio claudicato in cui adagiare l'incanto: c'è la freddezza bruciante di una luce lattiginosa ed elettrica, il sorriso di Selene e la notturna, triplice natura di Ecate, l'oscuro segreto della gestazione, abisso di caduta fino al cuore della propria concavità infinita, bocca spalancata a contenere e disperdere tutta la sete dell'universo.
A completare ed impreziosire la mostra sono stati invitati tre maestri faentini, presenti ognuno con una propria opera, a suggello di una rassegna che intende porsi come singolare ed importante evento all'interno della programmazione artistica cittadina: Ivo Sassi con una delle sue esplosioni scultoree che riportano a visualizzazioni cosmiche e spaziali, Alessandra Bonoli e la sua peculiare geometria sacra delle forme e Guido Mariani, con la sua scultura neoclassica ibridata da un particolare gusto pop-surreale, dai toni elegantemente grotteschi.
Signori, incontriamoci a Faenza, per la sincerità nell'arte, per ogni sorta di virtù.
Alberto Gross