“due minuti di arte”

Dal 13 maggio Venezia ha aperto le porte (e i canali) al meglio dell’arte contemporanea, per la 57/a Esposizione Internazio-nale d’Arte dal titolo VIVA ARTE VIVA, curata da Christine Macel e organizzata dalla Biennale di Venezia presieduta da Paolo Baratta. Fino a domenica 26 novembre 2017 i Giardini e l’Arsenale ospiteranno le opere di 120 artisti provenienti da 51 Paesi, tra cui Antigua e Barbuda, Kiribati, Nigeria, presenti per la prima volta.
La Biennale di Venezia non è una semplice esposizione di arte contemporanea: è uno di quegli eventi ormai entrati nella cultura collettiva, che fa scalpore, spesso fa discutere e cambia il modo di intendere e di fare arte, capace com’è di cogliere i mutamenti e le pulsioni (e ten-sioni) sociali.
L’evento ha sempre fatto parlare di sé: dalle proteste nel 1922 per la retrospettiva su Modigliani, a due anni dalla morte, che venne considerata poco adatta a causa dello stile di vita dissoluto dell’artista livornese; alle tensioni della Biennale del 1968, sfociate in una vera e propria rivolta; fino alle proteste nel 2011 degli animalisti contro l’opera The Tourists (oggi si chiama Others) dell’italiano Maurizio Cattelan.
Basterebbe questo per convincere anche chi non mastica l’arte tutti i giorni a farle visita, se poi si aggiunge il fatto che l’esposizione coinvolge i luoghi più belli della città di Venezia, allora è difficile trovare scuse per non vederla almeno una volta nella vita.
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LA STORIA DELLA BIENNALE D’ARTE DI VENEZIA E I SUOI ARTISTI RIASSUNTA IN DUE MINUTI (DI ARTE)
1. La Biennale d’arte di Venezia è una tra le più importanti manifestazioni internazionali d’arte contemporanea al mondo. La prima edizione risale al 1895, all’epoca fu battezzata come: “1ª Esposizione internazionale d’Arte della città di Venezia”.
2. L’evento viene organizzato ogni due anni dall’ente Biennale di Venezia, un organismo no profit che organizza altri importanti eventi nell’ambito del cinema, del teatro, della musica, della danza ma soprattutto dell’architettura, grazie alla prestigiosa Biennale di architettura che si svolge ad anni alterni rispetto alla Biennale d’arte.
3. Il cuore della Biennale d’arte di Venezia è l’area dei Giardini Napoleonici, dove vennero eretti i primi padiglioni. Il più antico è il Padiglione Centrale, che nel tempo ha cambiato struttura, ruolo e nome (in origine “Palazzo Pro Arte”, dal 1934 “Padiglione Italia”). Oggi è una struttura polifunzionale e punto di riferimento per chi visita la Biennale.
4. Il primo Paese a costruire un padiglione proprio fu il Belgio, che lo eresse nel 1907.Oggi l’area della Biennale ospita 29 padiglioni di diverse nazioni. Alcuni di questi sono stati progettati da architetti passati alla storia: quello dell’Austria, ad esempio, che risale al 1934 è opera di Josef Hoffmann, il maestro della “Secessione” viennese.
5. L’area espositiva della Biennale d’arte di Venezia non si limita ai Giardini, ma si sviluppa in gran parte della città: dagli spazi espositivi all’Arsenale, ai padiglioni dei Paesi ospitati in diverse zone della laguna fino ai numerosissimi eventi collaterali organizzati per l’occasione.
6. Come ogni evento di spicco, la Biennale di Venezia è interprete (e a volte vittima) delle pulsioni e dei mutamenti della politica e della società: negli anni Trenta ad esempio la Biennale passò dal controllo del Comune di Venezia a quello dello Stato fascista, con un conseguente controllo sulla libertà creativa degli artisti, in aperta contraddizione con lo spirito della manifestazione.
7. Storiche furono le contestazioni alla Biennale del 1968: alcuni artisti contestarono lo statuto della Biennale, considerato fascista e si opposero a quello che consideravano un esempio di mercifi-cazione dell’arte.
8.Su tutti gli artisti, i più agguerriti furono Gastone Novelli e Guerrini che insieme ad altri colleghi e agli studenti dell’Accademia di Belle Arti diedero vita a manifestazioni che vennero represse con violenza dalle forze dell’ordine.
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In segno di solidarietà con i manifestanti molti artisti ritirarono le loro opere dalla manifestazione o decisero di rivolgerle verso il muro, in modo che ai visitatori fosse mostrato solo il retro.
9. Il grande Picasso invece dovette aspettare il 1948 per vedere le sue opere esposte alla Biennale di Venezia. A dire il vero, nel 1910 una delle sue opere fu esposta per breve tempo nel padiglione della Spagna, ma il Segretario Generale Fradeletto la censurò perché avrebbe potuto scandalizzare il pubblico con il suo linguaggio artistico troppo innovativo.
10. Il record di visitatori è detenuto dalla edizione della Biennale n.55 (2013), che ha fatto registrare ben 475.000 visitatori. L’edizione 2017, dal titolo “VIVA ARTE VIVA” coinvolge 51 Paesi e 120 artisti dei quali 103 sono presenti per la prima volta.
di Marco Lovisco
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“due minuti di arte”

Se ricordiamo il Novecento come il secolo “in bianco e nero” il merito è anche (soprattutto) di Cartier-Bresson che con la sua Leika ha ritratto i momenti più importanti della storia d’Europa rendendo elegante e sensata una realtà che forse non lo era poi così tanto. Non bisogna dimenticare che da quando Cartier-Bresson ha impugnato per la prima volta la macchina fotografica il Novecento è riuscito a dare il peggio di sé, “donando” alla storia l’olocausto, la Guerra Mondiale e la cortina di ferro.
Eppure Cartier-Bresson è riuscito a rendere avvincente e straordinario anche ciò che non siamo abituati a considerare tale, dalle strade bagnate dalla pioggia al volto di una vecchina in un vicolo. Credo che sia merito della sua empatia, un dono che il grande Bresson sfruttava per cogliere l’anima dei suoi soggetti, rubarla e chiuderla in una foto. Che poi è questa la potenza della fotografia: racchiudere l’attimo nel sempre, strappare la giovinezza allo spie-tato scorrere del tempo, cogliere il “momento decisivo” e renderlo arte. Per sem-pre.
Carter Bresson sardegna 3
Ma chi era Cartier-Bresson? Lo racconto in due minuti.
1. Henry Cartier-Bresson (Chanteloup-en-Brie, 1908 - L'Isle-su-rla-Sorgue, 2004) è stato uno dei più grandi fotografi di sempre, nessuno come lui è riuscito a cogliere lo spirito del Novecento per renderlo immortale in scatti meravigliosi. Per questo motivo è passato alla storia come “L’occhio del secolo”.  
2. Con le sue foto ha raccontato la Guerra Civile Spagnola, quella cinese, l’occupazione nazista in Francia, l’erezione del muro di Berlino e i funerali di Gandhi. È stato inoltre l’unico fotografo occidentale a cui fu concesso realizzare foto in Unione Sovietica negli anni della Guerra Fredda.
3. Fotoritocco, filtri, complicate elaborazioni al computer: niente di tutto questo. Per Cartier- Bresson la differenza tra una buona fotografia e uno scatto mediocre risiedeva nella capacità di riuscire a cogliere il momento decisivo e renderlo immortale. Il suo libro più importante, non a caso, è intitolato “The decisive moment (1952). Cartier-Bresson non amava accompagnare le sue foto con lunghe dida- scalie, di solito si limitava a indicare luogo e data. “Le immagini non hanno bisogno di parole, di un testo che le spieghi  dichiarò  sono mute, perché devono parlare al cuore e agli occhi”.
4. Coerente con questa filosofia, Cartier-Bresson nei suoi ritratti non mette i soggetti in posa ma preferisce fotografarli nel quotidiano, mentre sono inseriti nel loro ambiente. Non amava usare l’esposimetro per regolare l’apparecchio, ma il bilan- ciamento tra bianchi e neri conferisce ai suoi scatti un intenso equilibrio dinamico.
5. A Cartier Bresson è legato lo storico brand di macchine fotografiche Leika, che lui considerava “un’estensione del suo stesso occhio”. La prima, una 35 mm con lente 50 mm, la acquistò nel 1932, dopo un viaggio in Costa d’Avorio che lo fece innamorare della fotografia.
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6. Durante la Seconda Guerra Mondiale Cartier-Bresson si arruola nell’esercito francese ma fu fatto prigioniero dai tedeschi. Rimase in un campo di prigionia per trentacinque mesi durante i quali tenta più volte di evadere riuscendoci solo al terzo tentativo. Una volta libero entra nelle fila della Resistenza francese, fotografando la liberazione di Parigi nel 1944.
7. Nel 1947 fonda con i suoi amici fotografi David Seymour (conosciuto nel 1934), Robert Capa, George Rodger e William Vandivert, la Magnum Photos, che diventerà la più grande agenzia fotografica al mondo. Da questo momento comincerà a viaggiare per il mondo, realizzando re-portage fotografici che passeranno alla storia.
8. C’è anche l’Italia nelle foto di Cartier-Bresson, che vi farà tappa più volte tra il 1951 e il 1973. Nel 1962 ad esempio, si reca in Sardegna per un reportage per la rivista Vogue. Farà tappa anche in Basilicata, raccontando nei suoi scatti un mondo arcaico e misterioso, dove le donne hanno il volto rugoso e saggio delle vedove e i bambini giocano scalzi tra i vicoli di tufo dei Sassi di Matera.
9. Oltre che un grande fotografo, Cartier-Bresson è stato anche regista. Ha mosso i primi passi nel mondo del cinema come assistente del regista francese Jean Renoir, figlio del pittore impressionista Pierre-Auguste Renoir. Tra le opere più importanti di Bresson regista c’è “Le Retour”, documentario del 1946 sul ritorno dei rifugiati di guerra francesi.
10. Una delle foto più note di Cartier-Bresson è Hyères, Francia, 1932. Famosi anche i ritratti di personaggi famosi, come Albert Camus, Coco Chanel, Marcel Duchamp, Gandhi, Martin Luther King, Henri Matisse, Marilyn Monroe, Richard Nixon, Jean-Paul Sartre ed Igor Stravinsky.
di Marco Lovisco
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