Balla, Principe della pittura

E'così che si presenta Giacomo Balla, il pittore dalle mille vite, artista poliedrico e sempre attuale, amico e padre artistico di tanti giovani artisti, quali: Severini, Boccioni, Sironi, Depero e Russolo.
compenetrazione iridescenteDalla descrizione puntuale ci lascia intendere già molto, non solo del suo aspetto fisico ma soprattutto del suo temperamento e della sua brillante ironia. Pittore dalle mille vite poiché di pochi artisti si può affermare di aver saputo cavalcare con destrezza la fine dell’Ottocento, essere stato tra i protagonisti italiani del divisionismo, approdando con estrema sensibilità al socialismo umanitario, per poi comprendere la modernità del futurismo, e farlo proprio andando a caratterizzarlo con gli interessi per le scoperte scientifiche e tecnologiche dell'epoca e ovviamente l'osservazione della sua musa perenne, la Natura, ovvero la realtà nuda e sana.
A rendere omaggio al pittore è la Galleria56 di Bologna di Estemio e Silvana Serri, che tramite la mostra “Le quattro stagioni di Balla”, curata da Elena Gigli, vuole sottolineare proprio questa versatilità dell'artista torinese. Partendo dunque dalle presentazioni, la mostra si apre a ritroso, con una serie di ritratti degli ultimi anni di Balla che non a caso di sé ai posteri vuole lasciare un Autosorriso, a testimonianza del continuo e scrupoloso studio del volto e della resa espressiva che tanto affascinano il pittore. La ritrattistica non è solo sicura e costante fonte di sostentamento ma spesso diventa pretesto per la sperimentazione pittorica. Basti pensare alle opere che danno il titolo alla mostra: Le quattro stagioni, in cui una giovane amica delle figlie, Giuliana, viene ritratta su fondi rossi e cartoni dorati che rimandano riflessi, uno strenuo esercizio di giochi di luci ed ombre ottenute calibrando la luce elettrica in modo da animare in senso psicologico il volto della giovane fanciulla. Infine la rete applicata sulla superficie del quadro, che tende a creare un effetto retinato come quello delle immagini dei giornali dell'epoca. Forme rumore motociclettaEccolo dunque quel senso di sperimentalismo tipico in Balla, che fin dagli albori della sua carriera è attratto dalla tecnica fotografica tanto da volerla rendere in pittura, qui, come nel Ritratto di Primo Carnera, ritroviamo quella sua passione iniziale. La fotografia in questo caso non intesa come presa diretta della realtà ma come interpretazione del “gusto moderno”. Balla è considerato un maestro anche nel campo del paesaggio che padroneggia con le tecniche più svariate, la maggior parte delle vedute riguardano Villa Borghese che diventerà la sua “Montagne Sainte-Victoire”. Dipinge paesaggi nei dintorni del suo studio, come ci testimonia la Veduta di Villa Borghese dal balcone della casa di via Paisiello, tra porta Pinciana e le Mura Aureliane e in epoca più tarda nei pressi di Monte Mario come nella Salita di Villa Madama. Ad apprezzare non solo la ritrattistica ma anche i paesaggi fu il sindaco di Roma Ernesto Nathan, amico e collezionista di Balla che acquistò diverse opere riguardanti l’Agro romano.
2 2 luci di velocitaLa natura con i suoi cambiamenti atmosferici di luci e colori, di linee forza e stati d’animo è un tema da indagare, provare e riprovare, da scarnire fino all’astrazione. Questo processo per Balla è stato del tutto naturale, i suoi taccuini sono ricolmi di studi sulla rifrangenza della luce, tempere di linee andamentali, voli di rondine e soggetti floreali. Nascono quindi Luci di velocità del 1913 che porta all’estremizzazione quella Lampada ad arco di pochi anni precedente. In fondo è l’elaborazione di quel Manifesto tecnico della pittura futurista firmato nel 1910 ove viene proclamato che il moto e la luce distruggono la materialità dei corpi, sono questi dunque gli strumenti attraverso i quali si articola e si sviluppa la cifra stilistica di Balla.
“Nel 500 mi chiamavo Leonardo o….. Tiziano dopo 4 secoli di decadenza artistica son riapparso nel 900 per gridare ai miei plagiatori che è ora di finirla con il passato perché son cambiati i tempi[...]”. È chiaro, in questo appunto autobiografico, che Balla richiamandosi burlescamente a Leonardo si consideri oltre che un pittore, un ricercatore quasi scientifico. La raccolta di tutto questo materiale di studio veniva elaborato continuamente, gli elementi ripetuti nei formati più diversi, quasi fosse un gioco di abilità. Ciò che lo interessava maggiormente era il fatto di poter applicare tali risultati agli oggetti di arredamento e abbigliamento come chiaramente possiamo individuare nello Studio del lampione o lampada del 1919 e nel secondo caso nel Motivo per sciarpa con linee andamentali del 1916.
Elena Gigli ci vuole dimostrare, con questa sezione della mostra dedicata al periodo astrattista futurista, che Balla ha liberato le sue migliori forze creative, progettando e inventando per le arti applicate, andando a creare insieme alla moglie Elisa e alle abilissime figlie, anch'esse pittrici, Luce ed Elica, un modernissimo laboratorio artistico.
Divertite ed incuriosite dal pittore è niente di meno che un nutrito gruppo di nobildonne romane che si alternano nello studio del pittore per farsi ritrarre ma anche per scegliere i decori da applicare alle ambientazioni delle loro eleganti dimore. Grazie alla lungimiranza di queste colte signore Balla ha la possibilità di creare cuscini e paralumi ma anche mobiletti, ricami ed arazzi. Per la principessa Caetani di Bassiano ad esempio realizzerà uno splendido tappeto, (progetto esecutivo per Futurlibecciata), il cui complesso disegno si ispira al moto ondoso, ancora una volta Balla prende ispirazione dall'osservazione della natura, laddove la densità dell'acqua è resa attraverso le sfumature del colore, la forza del tratto è ripreso da uno studio sulla velocità.
motivo per sciarpa correttoLa ricerca di Balla vive di una sua piena vitalità, egli vuole mettere in atto ciò che era stato proclamato nel manifesto, Ricostruzione futurista dell’Universo del 1915, ovvero abbellire l'utile, ricostruire l'universo coloratissimo e luminosissimo, e rallegrarlo.
estateMette in pratica quel desiderio intenso di far esplodere di colore la sua arte che deve essere giocondissima, audace, aerea, dinamica, violenta, interventista, come pubblica nel 1918 nel Manifesto del colore. Egli è consapevole delle possibilità operative che l'arte riveste nel mondo moderno, è convinto che attraverso l'arte è possibile stimolare l'istinto ludico dell'uomo fino a liberarne l'essenza creativa. Questo è ciò che trasmette questa mostra bolognese, come scrisse giustamente Giovanni Lista: “Balla futurista non esaurisce Balla pittore” e in questa occasione la Gigli e i Serri lo hanno saputo abilmente dimostrare, rendendo all'artista, eterno sperimentatore, un giusto omaggio in occasione dei Sessant'anni della morte di Balla, Principe della pittura, astrattista futurista e molto altro.

Testo di Eugenia M. del Pio