Gigino Falconi

di Rossana Bassaglia


Matrici filosofiche in un linguaggio di seduzione
Gigino Falconi nasce a Giulianova (Teramo) e inizia a dipingere a sedici anni, frequentando contemporaneamente l’Istituto Tecnico per ragionieri, dove si diploma nel 1952. Nel 1954 ottiene la maturità presso il Liceo Artistico di Pescara. L’anno successivo, vincitore di concorso per la Cattedra di Disegno, assume l’incarico della docenza presso una scuola media di Giulianova, attività che abbandona definitivamente nel 1975, per dedicarsi interamente alla pittura. Alla sua prima mostra personale tenuta alla Galleria Il Polittico di Teramo nel 1961, ne sono seguite numerosissime sia in Italia che all’estero, presso accreditate gallerie e prestigiose sedi pubbliche. Le sue opere sono conservate in autorevoli collezioni museali pubbliche e private.
Il suo metodo di lavoro si è sviluppato per cicli pittorici così distribuiti nel corso degli anni.
Non è facile ricapitolare l’ormai lungo, e soprattutto intenso, percorso di Gigino Falconi, quando si voglia darne una visione panoramica, che unisca la varietà e sfaccettatura delle formule espressive all’ininterrotto filo delle sue tematiche. E non è facile anche perché la sua produzione è stata via via commentata da testi critici di grande sottigliezza, che ne hanno dato interpretazioni insieme chiare e profonde. Come dire che, essendo Falconi un artista dalla forte matrice intellettuale, resa evidente dai soggetti stessi dei suoi quadri, e poiché questa matrice non ha prodotto opere sofisticate e cerebrali, ma, al contrario di sensuale prepotenza, egli ha stimolato a farsene interpreti commentatori di ricca e complessa cultura, insieme coinvolti dalle immagini e coinvolti nelle loro ragioni di pensiero.
Tenterò dunque di riassumere, sottolineandone gli aspetti più significativi e coinvolgenti, le matrici ed i caratteri fondamentali nel percorso di Falconi; che tra l’altro si riconoscono fin dagli esordi della sua attività, ma si fanno via via più evidenti. Intanto, un sottofondo Gigino FALCONI Nostalgia di Caravaggio 2012 acrilico su tela cm 40 x 50 IMG 5777 1212romantico, nel senso storico del termine, cioè un’imagerie ispirata alle suggestioni paesistiche degli artisti tedeschi nel cuore dell’Ottocento, ma via via spostate in un’atmosfera che non tanto si ispira all’infinitezza misteriosa dello spazio, quanto alle ambiguità delle presenze poste nello spazio medesimo: dove non esiste immediatezza di immagini, ma ogni atteggiamento e gesto, sia pure di esseri giovani e di intatta bellezza, ci proietta verso il remoto.
Questo filone iconografico di forte caratterizzazione simbolica è quello dove la personalità creativa di Falconi si è manifestata con maggiore pienezza, e per il quale si è fatto riferimento al clima interpretativo dei preraffaelliti o, più estesamente, della scuola inglese fine Ottocento, corrispettivo della contemporanea letteratura. È un tipo di cultura dove s’innesta l’erotismo lesbico, tema dominante dell’ultima produzione dell’artista: i corpi nudi delle giovani donne, limpidi e intatti, posti sullo sfondo di distese marine o lacustri, paiono simboli di un’equivoca purezza; non contaminati dal dolore, ma appena dalla malinconia; non estranei a riflessioni religiose, ma estranei al pieno coinvolgimento nella passione; e il tema della musica, rappresentato in particolare dalla presenza dei violini, isola e insieme accompagna queste immagini.
Che dietro la produzione pittorica fin dagli esordi fosse presente con intensità in Falconi una riflessione filosofica pessimistica, o meglio, amara e desolata, sul senso della vita, appare evidente. Ma negli anni Cinquanta, o poco oltre, la sua formula espressiva presentava tagli di tipo astratto, talora con immagini convulse di matrice espressionista, e qualche inclinazione al surreale. A poco a poco il suo linguaggio si estrapola dalle suggestioni avanguardiste e si orienta verso quello che, per intenderci, definiremo il figurativo.
Ma ecco a questo punto l’impegno di rappresentare con puntiglio la realtà fisica dei personaggi, ripresi da modelli vivi, si stacca da qualunque intonazione veristica; anzi, punta su una trasfigurazione da definirsi edonistica sia per la bellezza fisica delle giovani persone rese con una splendida padronanza pittorica, sia per l’intonazione aulica dell’insieme, con evidente ricorso a matrici seicentesche o comunque antiche, ma rivissute attraverso le formule tardo-ottocentesche. I tratti malinconici o, per meglio dire, percorsi da amarezza esistenziale, si coniugano con una tale forbitezza di linguaggio e con un’esplicita seduzione delle immagini, sia sotto il profilo fisionomico, sia sotto quello stilistico, da divenire una ritmica trasfigurazione.
Potremmo concludere che Falconi traduce il suo pessimismo filosofico in una coinvolgente bellezza espressiva. L’arte non nega il male del mondo; lo rende sogno.


Per l'anniversario di Gabriele D'Annunzio
Non è un tema d’occasione, questo scelto da Gigino Falconi: nel cuore di ogni abruzzese respira la memoria di D’Annunzio. Caso mai, il problema è vedere in che modo l’occasione si sposa con il passato interiore, con quello che l’artista si portava dietro dalla nascita. Quasi si trattasse di riprendere un discorso messo da parte tanto tempo fa e alla fine dimenticato. Qui sta il punto vero: non si può dimenticare, soprattutto quando ciascuno dalla propria parte, l’ispiratore e il traduttore, ha lavorato per le stesse intenzioni. Così dal confronto no
Gigino FALCONI Eva 2017 acrilico su tela cm 200 x 100 ABD9820 2 1212n voluto ma imposto dalla più profonda coscienza salta fuori una risposta che non è mai illustrativa o riassuntiva, ma legata a quanto c’era di più vero nell’ispirazione del Falconi. Potremmo dire anche che si tratta di un discorso doppio o, meglio ancora, di un confronto sostenuto fra l’immaginazione di ieri e ormai codificata e l’immaginazione dello spettatore che è stato sollecitato verso questo tipo di ricognizione. In effetti c’è un filo conduttore che passa attraverso queste immagini ripetute nella più assoluta libertà, quasi si fosse trattato di riscrivere ciò che il D’Annunzio aveva detto e fissato per sempre. Non per nulla un’opera vive oltre i suoi confini naturali e riesce a passare dal particolare al generale, dal temporale all’eterno. Di qui la scelta del Falconi: restare nel suo tempo e insieme ripetere le parole magiche del poeta. Lo spettatore chiamato a dire le sue impressioni non può fare altro che cedere a un sentimento immediato di ammirazione, alla giustificazione dell’operazione così ben risolta. C’è poi da mettere nel conto tutto quanto il Falconi è riuscito a sottrarre alla speculazione triviale della commemorazione. Né dobbiamo considerare questo capitolo nell’ambito della facilità e della semplicità e questo perché lo scartare, l’eliminare e l’evitare suppongono una disposizione critica di alto livello. Possiamo fare la prova per contrari, immaginando il Falconi disposto alla pura dilettazione fondata sul già detto, sul già noto: non gli sarebbe mai riuscito di restare al palo della pura illustrazione. In realtà ha lavorato in senso opposto, mettendo nei margini tutto quanto sarebbe stato naturale e spontaneo per lo spettatore l’idea della restituzione dannunziana (un tipo di operazione offerto a tutti) e privilegiando quello che restava chiuso e nascosto agli occhi di tutti. Ecco dove l’allievo è riuscito a mettersi in Gigino FALCONI Preludi 2011 acrilico su tela cm 35 x 40 1212rapporto d’arte con il poeta, a entrare in competizione. Falconi a questo punto ha inseguito le sue chimere e le sue ipotesi di vita e in tal modo ha vinto la partita, diventando non già uno dei tanti illustratori dell’opera del D’Annunzio ma - e qui stava veramente il grande salto - un lettore, meglio ancora un’«anima» in grado di accogliere la verità poetica. Per servirci di un’immagine, un pittore che ha saputo raccogliere il «testimone» dalle mani prodigiose del poeta, senza corromperne la voce, senza alterarne i toni e gli echi.