I Tesori delle nostre città

Rimini.
Una dimensione della memoria.


Di Alberto Gross.

"Pensare a Rimini.
Rimini: una parola fatta di aste, di soldatini in fila. Non riesco a oggettivare. Rimini è un pastrocchio, confuso, pauroso, tenero, con questo grande respiro, questo vuoto aperto del mare. Lì la nostalgia si fa più limpida, specie il mare d’inverno, le creste bianche, il gran vento, come l’ho visto la prima volta. È piuttosto, e soltanto, una dimensione della memoria”.
Con queste parole Fellini descriveva la propria città, riuscendo a sintetizzare quell’insieme di meravigliose contraddizioni e incoerenze che la rendono tanto sghemba e incomprensibile, quanto affascinante e incantevole.
Divisa tra la sua storia millenaria da una parte e quell’etichetta di capitale del divertimento frivolo e superficiale dall'altra, è forse soltanto negli ultimi due decenni che sta cercando di fare pace con sé stessa e ritrovare un proprio equilibrio ed armonia.

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Fondata dai Romani nel 268 a.C. alla foce del fiume Ariminus - l’attuale Marecchia - Ariminum divenne ben presto un centro fondamentale in quanto snodo di importanti vie di comunicazione: la Via Flaminia proveniente da Roma, la Via Emilia diretta a Piacenza e la Via Annia Popilia che collegava la città a Ravenna, Adria, Padova e Aquileia. Della grandissima prosperità raggiunta nella prima età imperiale rimangono due tra i più importanti monumenti dell’epoca, ancora oggi simboli distintivi e caratterizzanti la struttura della città: l’Arco di Augusto e il Ponte di Tiberio.
L’Arco trionfale - costruito nel 27 a.C. - è il più antico arco romano tra quelli conservati: eretto in onore dell'imperatore aveva la funzione originale di porta urbica e segnava la fine della Via Flaminia confluendo nel decumano massimo (l’attuale Corso d’Augusto) e conducendo all'imbocco del cardo massimo. L’attico è purtroppo andato distrutto e ricostruito nel X secolo ma si conserva ancora gran parte dell'iscrizione originale.
Il Ponte fu iniziato nel 14 d.C., ancora sotto Augusto, e terminato nel 21 d.C. sotto il governo di Tiberio: costruito in pietra d'Istria si distende elegantemente lungo le sue cinque arcate a tutto sesto, in stile dorico. L’intera zona circostante è stata recentemente resa totalmente pedonale e la nuova piazza sull’acqua permette di godere di una visione inedita del Ponte, quando il sole gioca a nascondersi tra le sue arcate e la luce si spegne sopra il malinconico specchio che ne raccoglie e custodisce il giaciglio.

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Tempio Malatestiano e Castel Sismondo

Per celebrare la magnificenza dei Malatesta - allora signori della città - Sigismondo Pandolfo ordinò nel 1450 i la- vori di trasformazione dell’antica chiesa di S. Francesco nel monumento che avrebbe dovuto rappresentare la grandiosità e l’opulenza della famiglia: la parte esterna fu affidata a Leon Battista Alberti che riprende, nella monumentale facciata, la struttura dell’Arco trionfale romano. L’ambizioso progetto si interruppe tuttavia nel 1460 a seguito delle cattive fortune di Sigismondo e il tempio rimase privo della sua copertura. Al suo interno è conservato l’affresco di Piero della Francesca che ritrae Pandolfo Malatesta in preghiera davanti a S. Sigismondo, oltre al crocifisso dipinto a tempera e oro su tavola attribuito a Giotto.
Concepito come residenza e fortezza assieme, i lavori per la costruzione di Castel Sismondo furono iniziati nel 1437 e si protrassero fino ai primi anni cinquan- ta: segno di potere e supremazia sulla città, Sigismondo viene indicato nelle grandi epigrafi marmoree come ispiratore, ideatore e coordinatore dell’opera. Con le sue grosse torri quadrate e le poderose muraglie a scarpa è il simbolo rinascimentale malatestiano per eccellenza, all’interno del quale il signore morì nel 1468.

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Non solo storia

All'interno dei più antichi edifici medievali del centro storico - Palazzo dell’Arengo e Palazzo del Podestà - da un paio d’anni ha trovato casa PART, collezione di opere di artisti contemporanei della Fondazione San Patrignano, assieme al retrostante Giardino delle Sculture, spazio museale concepito come un giardino all’italiana.
Rimini tenta quindi, finalmente, di concentrare l’interesse anche per il pubblico dell’arte contemporanea ed è imperdibile - in quest'ottica - una passeggiata tra le strette vie del Borgo San Giuliano: antico quartiere dei pescatori nato attorno all’anno Mille, è reso ancora più caratteristico e suggestivo dai tanti murales eseguiti da pittori riminesi che rappresentano immagini e simboli della visionaria e identitaria iconografia felliniana.

Il ricordo di Leonardo
Tra le tante ricchezze che ancora potrebbero essere riportate vogliamo citare soltanto un ultimo, piccolo gioiello: la celebre Fontana della Pigna, nella centralissima Piazza Cavour, originariamente eretta in epoca romana fu completamente restaurata nel 1543 con i cinquecento scudi finanziati da Papa Paolo III. La statua di S. Paolo posta sulla sommità come ringraziamento venne poi sostituita dalla Pigna in seguito ai nuovi restauri succeduti ai danneggiamenti napoleonici. Indimenticabile la frase che pare abbia pronunciato Leonardo da Vinci in visita alla città e incisa sopra un pannello della fontana: “Fassi un’armonia con le diverse cadute d’acqua, come vedesti alla fonte di Rimini, come vedesti addì 5 d’agosto 1502”.