Les fleurs et les raisins

Trasversali allegagioni d'arte. L'Albana di un nuovo giorno.
di Alberto Gross.
Leggenda narra che nell’anno 435 d.C. Galla Placidia, figlia dell’imperatore Teodosio, allontanandosi dall’allora capitale imperiale Ravenna per sfuggire alla malaria, trovò riparo tra le dolci colline di Romagna: durante la sosta in un paese noto con il nome di Monte dell’Uccellaccio gli abitanti del posto offrirono alla principessa una comune brocca di terracotta ricolma del locale vino bianco. L’entusiasmo all’assaggio fu tale da fare esclamare alla sovrana: “Non di così rozzo calice tu sei degno, bensì di berti in oro!”.
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Da allora la località mutò nome divenendo conosciuta come Bertinoro. Si era di fatto creato quello che ancora oggi è considerato il cru del vino bianco simbolo della Romagna tutta - l’Albana - che mutua il proprio nome dal latino “albus” (bianco), a costituire una sorta di identità ed esclusiva reciprocità tra denominazione dell’uva e del vino. Uno speciale tipo di metonimia che sottolinea una contiguità culturale e territoriale per un'assoluta eccellenza autoctona.
Dopo molti secoli dall'episodio di Galla Placidia ed infinite, differenti interpretazioni del vitigno, si può oggi ritenere l’Albana uno dei bianchi più maturi e rappresentativi del panorama nazionale, con la sicurezza e la personalità di una nobildonna che seduce della propria, eterna eleganza, piuttosto che con una sfuggente, effimera bellezza.
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Una delle versioni più intriganti e convincenti è sicuramente quella di Tenuta La Viola, azienda che dalle colline di Bertinoro declina al meglio le speciali condizioni di territorio e microclima in cui si inserisce. La particolare roccia arenaria calcarea impastata con sedimenti e depositi marini dona quella peculiare sapidità e percezione minerale divenute caratteristiche distintive ed identitarie del vino.
Tra le etichette più rappresentative dell’azienda il “Frangipane” - nome che rende omaggio alla contessa di Bertinoro del XII secolo Aldruda fleurs4Frangipane - viene vinificato senza bucce a temperatura controllata prima di evolvere sulle fecce fini per circa sei mesi; segue un ulteriore affinamento in bottiglia per almeno un mese. Il 2018 spicca dal calice del suo incipiente dorato brillante, al naso sono le note di frutta gialla a ritmare il respiro, su tutte pesca e albicocca, prima che sospetti di frutta secca vadano ad arricchire uno spettro olfattivo non troppo sfaccettato, ma preciso e coerente; il sorso è pieno, polposo e succoso senza risultare opulento, tannino accennato e niente affatto sgarbato a condurre una beva verticale, sapida e dal piacevole finale di nocciola e mandorla amara.
Nobile, si lascia baciare da sole labbra regali l’Albana, ma soltanto dopo opportune, convenienti lusinghe, adeguato corteggiamento.
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