Metamorfosi

 E' stata inaugurata il 9 aprile 2017, presso il Museo d’arte di Mendrisio, una insolita ed interessante mostra sulla scultura contemporanea, che si articola partendo da due facce della stessa medaglia creativa. Mentre alcune opere nascono da materiali di recupero di natura organica e naturale, o da materiali naturali tradizionali come il legno o il marmo, altre nascono da materiali tipici della produzione contemporanea, quali il silicone, il vetro acrilico, la plastica e l’alluminio.
Visitando la mostra, sembra quasi di immergersi in una Wunderkammer del XVI secolo. Wunderkammer, in italiano camera delle meraviglie o gabinetto delle curiosità o delle meraviglie, è un termine tedesco che indica ambienti in cui, dal XVI secolo al XVIII secolo, i collezionisti raccoglievano oggetti straordinari e particolari appartenuti alle loro famiglie. Questo fenomeno, che affonda le sue radici nel Medioevo, si diffuse nel  Cinquecento sviluppandosi per tutto il Seicento, alimentandosi delle grandiosità barocche, e si protrasse fino al Settecento, assecondando l’in- teresse illuministico per le curiosità scientifiche. Scopo del collezionista era quello di riuscire ad arricchire le proprie collezioni, pagando spesso cifre importanti, con oggetti  provenienti dal mondo della natura o creati dalle mani dell'uomo.
Ci vorrebbe il filo di Arianna per districarsi in questo labirinto artistico e mentale, frutto del lavoro manuale ed interiore di 24 artisti che in questa rassegna, allestita negli spazi dell'ex Convento dei Serviti, sfocia in un binomio tra naturalia e artificialia contemporanee, ponendo a confronto più generazioni e stili, con un risultato di sicuro effetto.
Attraverso la metamorfosi della materia, si passa da elementi naturali ad opere artefatte che documentano come gli artisti proiettano sulle loro opere la loro dimensione interiore, talvolta fluida e decifrabile, come nel caso de “L’Egiziana” di Jean Arp, talaltra criptica, come nei metamorfismi di Julian Charrière, nati da scarti di computer aggregati a pietra lavica.
Sono 24 gli artisti coinvolti, provenienti da diverse parti del mondo, per offrire uno sguardo ad ampio spettro sugli orientamenti artistici contemporanei, a partire dal gigantesco cuore in tessuto di Carlo Borer, opera pulsante che si anima grazie a un meccanismo del tutto simile all’organo umano, quasi fosse un motore che muove l’umanità intera, al ludendo all’amore universale. Si prosegue tra le concrezioni di Julia Steiner e le costellazioni floreali di Gerda Steiner & Jorg Lenzlinger, e si prosegue tra le concrezioni in argilla laccata di Julia Steiner, le viscere rese in porcellana da Ai Weiwei, i cristalli in vetro acrilico di Alan Bogana, i coralli in cemento di Christian Gonzenbach, le forme in vetro multicromatico di John Armleder, i fiori scarlatti di Luisa Figini e Rolando Raggenbass. Si passa poi agli alveari in legno di Mirko Baselgia, agli elementi vegetali di Christiane Löhr, alle creature in legno e terracotta d’ispirazione biologica di Lorenzo Cambin, ai due cervelli ge- melli in terracotta di Claudia Losi, ai percorsi sotterranei di Meret Oppenheim, alle forme sinuose e dinamiche di Tony Cragg e Jean Arp, alle creazioni erotico-vegetali di Serge Brignoni, alle costellazioni luminose in fili d’acciaio di Margaret Penelope Mackworth-Praed, alle porzioni di pietra lavica artificiale di Julian Charrière, ai funghi bronzei e ai cuori di zucca in silicone di Lupo Borgonovo, alle strutture molecolari in ceramica di Selina Baumann, alle ramificazioni in acciaio cromato di Loris Cecchini, alle metafore naturalistiche di Teres Wydler. Chiudono la mostra due installazioni in contrapposizione: l’aerea, filiforme moltitudine di meduse creata da Benedetta Mori Ubaldini e la composizione materica in acciaio e camere d'aria di Matteo Emery.
La mostra, a cura del Museo d’arte Mendrisio in collaborazione con Daniele Agostini, è corredata da un catalogo con presentazione della mostra, schede critico-biografiche dei singoli artisti, tavole con le opere in mostra e fotografie delle sculture negli spazi del Museo d’arte Mendrisio.
A cura di Silvana Gatti